11 ottobre 2010

Caro Franco, che straminchia dici?

Tempo addietro ho dovuto viaggiare in auto per lavoro. L'auto non era mia. La radio era sintonizzata su non so cosa. Passavano "Shock in my town", di Battiato. Me l'ero quasi dimenticata.
Grazie agli dèi del cielo, direte voi. Ma il Male e' sempre in agguato, e purtroppo si propaga via radio.
E' nata spontanea la domanda: "caro Franco, che straminchia dici?". No, dico, fate voi:



Shock in my town

Shock in my town
velvet underground

Ho sentito urla di furore
di generazioni, senza più passato,
di neo-primitivi
rozzi cibernetici signori degli anelli
orgoglio dei manicomi.

Shock in my town
velvet underground

Ho incontrato allucinazioni.
Stiamo diventando come degli insetti; simili agli insetti.
Nelle mie orbite si scontrano tribù di sub-urbani,
di aminoacidi.

Latenti shock
shock addizionali, shock addizionali
sveglia Kundalini,
sveglia Kundalini, sveglia Kundalini
per scappare via dalla paranoia
mescalina
come dopo un viaggio con la mescalina che finisce male
nel ritorno.


Velvet Underground? Lou Reed per favore citalo in giudizio.
Signori degli anelli? Tribu' di aminoacidi? Ma stiamo forse scherzando?
E Kundalini, come ci ricorda anche il buon Umberto Eco ne "Il pendolo di Foucault", tentavano di risvegliarlo alcuni iniziati cavalieri Templari dandosi un bacio sul culo. Cosi', per dire.
Vorrei sapere in quanti invasati osannatori di Battiato sappiano cosa sia Kundalini.

Fatemi capire, c'e' forse una sola ragione al mondo per la quale dovrei sentirmi uno sciocco snob o un incolto e insensibile buzzurro nel cercare di gridare a squarciagola "Franco che cazzo dici"?

Poi trovo gente che non conosce Jerry Garcia, ma per piacere.




8 luglio 2010

Allontanarsi dalla linea gialla

Di fatto, è un problema topologico.
"Treno in arrivo al binario sette, allontanarsi dalla striscia gialla".
Certo, ma io sono già sulla banchina del binario sette, ovvero quella che divide il binario sei dal binario sette, e di strisce gialle ce ne sono due.
Se mi allontano da una mi avvicinerò all'altra, contravvenendo inevitabilmente alla prescrizione verbale dell'altoparlante. Che faccio? Me ne infischio? Non posso mica, il binario è pieno di gente, che penserebbero di me? Lo so che mi stanno osservando.
Allora tergiverso. I fari del treno ancora non si vedono. Cosa posso escogitare?
A pensarci bene, anche se mi fossi trovato sulla banchina del binario uno, con una sola linea gialla, che avrei potuto fare? La sfericità del pianeta gioca contro di me: in un senso mi allontano, ma lungo il cerchio massimo che passa sotto ai miei piedi, beh, nell'altro senso mi avvicino alla stessa linea. Non c'è scampo, io lo so che qualsiasi cosa faccia verrà un ferroviere cattivo e vorrà multarmi. Povero me.
I fanali del treno fanno capolino all'orizzonte e il tempo stringe. In fin dei conti non mi hanno mica detto entro quando allontanarmi, potrei anche prendere tempo e ragionare.
Cristo, dev'esserci una soluzione.
Poi, d'improvviso, mi rendo conto di essere già oltre la linea gialla, proprio tra quella stramaledetta linea e il binario, dove i relitti di bottigliette, giornali, accendini e perfino una scarpa mi guardano sconsolati e sbiaditi da anni di sole, pioggia ed esalazioni di formaldeide dalle vecchie traversine di legno.
Una scarpa?
Il terrore mi assale.
Dev'essere successo anche a lui.
Al proprietario della scarpa, intendo; era oltre la linea gialla, si è dovuto allontanare dalla linea gialla ed è finito sul binario. Poi il treno deve aver fatto il resto.
Oddio, mi immagino la scena, gli schizzi di sangue sulle gonne di trina delle vecchiette in attesa del regionale. Brrrr. E la mia scarpa che resta sul binario, per mesi.
Oddio, veramente porto i sandali, ma non mi pare il momento di fare del puntiglio.
I fanali sono decisamente vicini, e ora l'esigenza di una soluzione brillante si fa decisamente opprimente. Penzolando sul bordo del binario mi spremo le meningi ma non esce uno straccio di soluzione, allora mi rannicchio e stringo gli occhi, combattuto tra il contravvenire al regolamento e fare una figura da terribile maleducato con i presenti oppure obbedire al diktat del dannato altoparlante e gettarmi sulle rotaie.
Certo, morirei.
Salto... non salto... salto... non salto...
Il treno è a pochi metri, il macchinista mi vede pericolosamente sul'orlo della banchina ma io no. Io sono paralizzato dal terrore e non vedo e non sento nulla.
Eccetto HONK.
Anzi, HOOOOOOOOOOONK.
La sirena del treno è l'unica cosa che perfora le barriere uditive del mio terrore, e allora salto.
Ma in alto, un salto repentino, secco, come una locusta, con una piccola ma poderosa parabola.
Fortunatamente, verso la banchina.
E' allora che capisco tutto.
Era così semplice: un salto. Verso l'alto. L'unico movimento possibile che ci fa contemporaneamente allontanare da qualsiasi dannata linea gialla di questo pianeta!
Niente contravvenzione, ah-ha! Forza, ferrovieri malvagi, venite pure, non mi fate paura!
Salgo sul treno, mi siedo al finestrino, e mentre il treno riparte mi volto a guardare la banchina del binario quattro, piena di gente. La voce dell'altoparlante annuncia:
"treno in arrivo al binario quattro, allontanarsi dalla linea gialla".
E per un attimo mi immagino di vederli con la coda dell'occhio, tutti che saltano all'unisono, vecchi e bambini, neonati nella carrozzina, venditori ambulanti, giovani spose, perfino i cani. Tutti uniti in un salto d'esultanza per il treno che arriva, che di questi tempi è anche un gran culo, vederlo arrivare in orario.
E così, mentre mi assopisco contento per la brillante risoluzione del problema, penso tra me e me: ma invece di disegnare linee gialle, non bastava che dicessero "sta arrivando il treno, prestate attenzione"?

6 luglio 2010

Quelli che mi stanno sul culo - parte seconda

E come promesso ecco che rilancio un nuovo emozionante elenco di cosa mi sta sul culo, a integrazione del precedente che trovate QUI, se volete farvi due risate.
Mi stanno sul culo:
- Quelli che abusano della D eufonica (lo so l'avevo già detto ma mi fa smattare) e scrivono boiate come "ad i partecipanti" e "od anche".
- I milanesi che abusano dell'interiezione "dài", infilandola in tre frasi su quattro in posizioni improbabili persino quando sono formalissimi. Sappiatelo: quel "dài" in un colloquio formale assume il valore di una fastidiosissima presa di confidenza.
- Oliviero Toscani. Mi starebbe sul culo anche se mi facesse un assegno.
- quelli che non sanno comunicare e poi si lamentano perché non hai fatto una cosa che non ti hanno mai detto di fare.
- quelli che dicono di vestire sportivo, poi si mettono i pantaloni stirati, una camicia lilla e un golfino. vi dirò un segreto: sportivo significa che potete farci dello sport, con quell'abbigliamento, e a parte il bridge del venerdì spiegatemelo voi quale altro sport avreste intenzione di praticare.
- quelli che ti chiedono espressamente una cosa e poi quando ti perdi a dirgliela non ti ascoltano.
- quelli che al bar si dimostrano privi di senso critico e ordinano una bevuta a caso tanto per avere qualcosa in mano. Per esempio, quest'anno tutti lo spritz. spiegatemi com'è che l'anno scorso non piaceva a nessuno, c'è da cinquant'anni, lo spritz (e fa schifo).
- Oliviero Toscani. Sì, lo so, mi ripeto.
- quelli che ti dicono che non hai capito. ho capito benissimo, e se non ho capito, è colpa vostra. altrimenti vuol dire che mi ritenete idiota, ditemelo apertamente e ne discutiamo...
- quelli che non leggono quello che scrivi o ascoltano quello che dici ma pretendono di ribattere perché se lo immaginano, loro, quello che hai pensato.
- gli Svizzeri. Un vecchio classico.
- i millantatori, in special modo quelli che in certe occasioni e con certi soggetti sono splendidi e con altri sono accondiscendenti/umili/finti tonti.
- quelli con la Verità in tasca.
- avevo già detto, per caso, Oliviero Toscani?

21 gennaio 2010

Lo svuotatasche


Mi dite a cosa serve lo svuotatasche?
Sono proverbialmente noto per avere le tasche di Eta Beta, insospettabilmente piene di qualsiasi oggetto bizzarro vi possa passare per la testa; ma io sono un caso patologico, quindi non faccio testo.
La gente normale, invece, ha delle tasche e ci tiene degli oggetti.
Ora, le categorie che si possono individuare sono tre:

A - chi tiene pochi oggetti in tasca
B - chi tiene molti oggetti in tasca
C - le donne

La categoria A non ha bisogno di uno svuotatasche. Voglio dire, se ho il fazzoletto nella tasca destra e una chiave nella sinistra che bisogno ho di svuotare le tasche? non danno nessun fastidio, questi oggetti.
La categoria B non ha bisogno di uno svuotatasche. Chi tiene un casino di roba in tasca non lo fa perché qualcuno gliela mette in tasca, lo fa volontariamente. Perché mai dovrebbe in un certo momento della giornata svegliarsi dal torpore mentale e decidere di svuotare le tasche?
La categoria C non ha bisogno di uno svuotatasche. Le donne perlopiù non hanno tasche oppure se le hanno le considerano delle decorazioni dei capi d'abbigliamento. Questo perché le donne hanno le borse, quegli oggetti infernali (ma a loro indispensabili in copiose quantità, varietà e colori) in cui infilano qualsiasi oggetto purché abbia le prerogative di essere inutile o di essere contemporaneamente utile e fondamentale, caso in cui verrà irrimediabilmente perduto nei meandri della borsa.

Gli oggetti poi, mi preme ricordare, non nascono nelle tasche. Hanno già un posto dove stare. Se li ho messi in tasca e non mi servono più li rimetto a posto. Se mi cambio i pantaloni perché sono da lavare, senz'altro dovrò indossare un altro paio di pantaloni, ragion per cui posso decidere di trasferire gli oggetti nelle tasche corrispondenti oppure, di nuovo, metterli al loro posto.

Ma allora, gli svuotatasche a chi servono?
Io l'ho capito.
Servono a quelli che hanno i "negozi di dessàin", come li chiama la gente. Gli servono per realizzare il magico trasferimento di denaro dai portafogli altrui ai loro. E' magia. Pura.
"Guarda, m'è arrivato questo spremiuva a led azzurri, ca-ri-nissimo, e anche la scatola guarda com'è simpatica: è fatta di cartoni del latte riciclati, quando hai messo in funzione lo spremiuva invece di buttarla la puoi usare come svuotatasche. Così non produci rifiuti, no? E' ecologico, come concetto".

Certo, a parte l'energia sprecata per produrre, nell'ordine:
gli spremiuva
la scatola
gli svuotatasche
i negozi di dessàin
i gestori dei suddetti negozi

Propongo infine anche un paio di termini alternativi e  carinissimi da usare al posto di "svuotatasche": "ingombramobili" o anche "raccattapolvere".

p.s.: le scatole, credetemi, non possono essere simpatiche.